Tre casi, minimi solamente in apparenza, della nuova “green economy”. L’imprenditore comasco Saba Dell’Oca (che con la Candit Frucht è tra i principali produttori di canditi per l’industria dolciaria di mezz’Europa) ha deciso di investire con alcuni soci nella vendita in Italia di pannelli solari di tecnologia statunitense. L’imprenditore chimico alessandrino Guido Ghisolfi (che con la mini-multinazionale di famiglia M&G è il principale produttore europeo di plastica Pet per le bottiglie di acqua minerale) sta costruendo una raffineria per produrre benzina biologica partendo da vegetali non commestibili. L’imprenditore cuneese dei rifiuti Davide Aimeri è stato chiamato da una cartiera del Milanese per costruire un impianto rivoluzionario che digerirà i rifiuti dello stabilimento.
Sono tre esempi tra mille di come nasce la nuova economia, quella “green economy” propugnata negli Stati Uniti da Barack Obama per aiutare la ripresa. A differenza dello sviluppo “sostenibile”, nato a fine degli anni 80, la “green economy” non si limita a rendere le produzioni più compatibili con l’ambiente. Per l’azienda, era quasi sempre una spesa. Ora si tratta di creare business. Di generare fatturato. Di proporsi ai consumatori con nuovi prodotti.
Il fenomeno fa presa in Italia: si stima che già oggi il giro d’affari dell’economia dell’ambiente sia nell’ordine dei 10 miliardi.
Una stima più precisa non è possibile. Ci sono settori diversissimi, dalle caldaie domestiche ad altissima efficienza ai detersivi a basso impatto ambientale; alcune attività hanno una storia lunga millenni, come il riciclo dei rifiuti (la carta, nei secoli passati, era prodotta con gli stracci usati), altre sono nuovissime (il gruppo Marcegaglia investe nella ricerca di pannelli fotovoltaici che non usano il prezioso silicio).
Se il perimetro della “green economy” non è definibile nel dettaglio, si sa però che i due segmenti oggi più forti in Italia sono quelli dell’energia e del ricupero dei rifiuti. La green economy piace. La spinta a essere ecologici nasce in parte dal mercato: i consumatori sono cambiati, e nel momento di scegliere un prodotto guardano con attenzione la componente ambientale. In parte sono mutate le aziende e gli imprenditori sono più sensibili al tema dell’ecologia. E infine c’è la grande politica internazionale, la tendenza di fondo che è stata interpretata per esempio dal presidente statunitense Barack Obama. Perché le politiche dei maggiori paesi si orientano verso un’economia verde? Certamente, per il motivo “etico” di preservare la natura. «Per contenere i costi che potrebbero essere prodotti dal cambiamento del clima», osserva Carlo Corazza, a capo della rappresentanza della Commissione europea a Milano. Ma anche perché «il mercato del dopo-crisi si gioca sugli standard tecnologici di domani – afferma Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente e negoziatore internazionale ai grandi ecosummit – e chi rimarrà indietro sulla tecnologia verde perderà la gara al business».
Quanto vale il mercato verde? Non è calcolabile nel dettaglio. I business sono dispersi in segmenti diversissimi. Ma una stima sommaria si può azzardare: siamo nell’ordine di un fatturato sui 10 miliardi di euro. «Nel complesso il settore ambientale (rifiuti, energie rinnovabili, disinquinamento, salute e sicurezza, risorse agro-forestali) occupa circa 300mila addetti – stima Alessandro Marangoni, docente alla Bocconi e analista dell’economia ambientale – dei quali circa un terzo nella gestione rifiuti. In questo settore solo le imprese private (350 con 20mila occupati) fatturano circa 2,5 miliardi. Nelle fonti rinnovabili di energia il fatturato 2008 è stimato in circa 5,5 miliardi di euro, con un’occupazione di circa 30mila unità (solo rinnovabili “nuove”, escluso cioè le tecnologie vecchie come l’idrolettrico)». Secondo l’economista, per le rinnovabili è prevista la creazione di circa 100mila posti di lavoro in 10 anni e «il comparto delle energie rinnovabili è uno tra i più dinamici della green economy, al quale guardano sempre più investitori e mercati finanziari. Il settore è uno dei pochi in forte crescita in questa fase di crisi generalizzata: nel 2008 in Europa – conclude Marangoni – oltre la metà della nuova capacità produttiva del settore elettrico è stata generata da fonti pulite».
Quella della green economy «è una tendenza che sarà impossibile ribaltare», diceva l’altro giorno il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi. Se novanta colossi come General electric, Volvo e Air France hanno invitato i governi a fissare obiettivi per la riduzione di gas serra, «la green economy è un imperativo condiviso a tutti i livelli, un dato di fatto».
Ma che cos’è la green economy? Se fino a qualche anno fa la “sostenibilità” era per le imprese una fonte di costo, era l’obbligo di adeguarsi alle normative o un impegno volontario per diventare un’azienda migliore, oggi la “green economy” è quel segmento economico che non è più una voce di costo ma diventa un’occasione di fatturato, di arricchimento (in senso stretto ma anche in senso figurato). La “green economy” è proiettata verso l’esterno, verso il mercato.
Infatti è un fiorire di idee, progetti e investimenti. La maggior parte va verso la facile soluzione dell’energia fotovoltaica, ben incentivata. Secondo il primo rapporto sull’energia fotovoltaica realizzato dalla Camera di commercio di Milano e dal Politecnico di Milano, in Lombardia ci sono 6.024 impianti per una potenza di quasi 57 megawatt (che si stima quadruplicabile nel 2011). È la prima regione per numero di impianti (15,6% del totale) seguita da Emilia-Romagna (10,1%) e Veneto (9,3%) mentre è seconda per potenza prodotta (11,6%) dopo la Puglia (12,5%). È un business: per esempio la Candit Frucht (leader europeo nelle canditure) ha deciso di investire e di avviare la rappresentanza italiana di un produttore Usa di pannelli.
Ma non c’è solamente l’energia dal sole. Nascono società di servizi ambientali. La Sendeco ha una delle principali borse delle emissioni di anidride carbonica, e l’Ecoway negozia per conto delle aziende le quote di emissione. Nino Tronchetti Provera tramite il fondo Ambienta I ha raggiunto i 217,5 milioni di euro ed è il più grande fondo europeo specializzato in investimenti nel settore ambientale. La Sutter di Genova (d’intesa con il Wwf) e la Chanteclair lanciano i detergenti ecologici in fialetta, da allungare con l’acqua. L’Ecomen usa prodotti riciclati per ottenere sottofondi stradali di qualità e l’Intec ricicla le terre di scavo nei conglomerati di calcestruzzo, mentre un’azienda centenaria come la Boldrocchi di Biassono (Milano) è leader nella depurazione industriale dell’aria: sue le tecnologie adottate dall’Enel nella centrale elettrica a idrogeno – la prima al mondo – in completamento a Marghera.
A Torino si è appena tenuta la dodicesima edizione del Cinemambiente Environmental Film Festival. La Total ha messo nella stazione di servizio Arda Ovest di Fiorenzuola (A1) i pannelli solari e l’asfalto mangiasmog: è a impatto zero perché annulla tutto l’inquinamento prodotto dalle auto che vi passano.
Si muovono anche le amministrazioni pubbliche. L’Agenzia delle entrate ha vinto il premio CompraVerde perché ha lanciato una gara per la fornitura di energia elettrica 100% verde destinata per due anni a tutti uffici delle direzioni centrali. La Fondazione Gianni Pellicani ha stimato in 880milioni gli investimenti pubblici e privati (in parte attivati e in parte previsti) per trasformare Marghera nel polo della green economy.
Ci sono poi le fiere, come le due maggiori Ecomondo a Rimini (in programma da domani) e Solarexpo di Verona (in primavera). Ma anche – qualche nome tra mille – Zeroemission di Roma, Enersolar e Greenenergy alla Fiera di Milano (a fine novembre) o Energethica di Genova. Anche le fiere non specializzate nel tema “green” dedicano sezioni al settore ecologico: per esempio a Parma la rassegna Cibus (con la Conergy la Fiera di Parma ha avviato un impianto fotovoltaico da 1,7 megawatt) ha lo spazio CibusTec dedicato al rapporto tra agricoltura e ambiente.
Tanta attività, ma i consumatori sono pronti ad assecondare l’offerta verde? In teoria gli italiani si sentono virtuosi dell’ambiente, ma non si tocchi l’automobile. Lo afferma uno studio condotto dall’Ispo di Renato Mannheimer. «La ricerca sulla green economy – dice Carlo Iacovini, presidente di GreenValue, promotore dello studio – ha confermato quella sensazione ormai diffusa che vede l’ecologia come un valore proprio del vissuto comune».
Stando alla ricerca, il 92% degli intervistati ritiene necessario integrare economia con ambiente, soprattutto investendo nelle tecnologie. Gli scarichi industriali sono ritenuti la causa principale dell’inquinamento, seguiti dal traffico. Dentro le mura domestiche l’86% del campione intervistato afferma di usare prodotti ecologici e adottare comportamenti sostenibili, ma guai a toccare loro l’auto: basta con i limiti al traffico, dicono; meglio spendere per nuovi autobus.
Per chiudere questa prima puntata merita qualche riga l’idea di green economy forse più inconsueta. I canali di Venezia, si sa, sono costeggiati dalle briccole, cioè quei pali di legno cui vengono legate le barche. La Bizeta guidata da Fabrizio Bettiol sta realizzando briccole e pontili di plastica riciclata insieme con trucioli di legno di ricupero. Ecologia per le gondole.
FONTE: www.ilsole24ore.com